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Consulenza finanziaria: la differenza tra raccomandazione e mera informazione




Dott. Michele Cisolla

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dott. Michele Cisolla – michele.cisolla@studiodepoli.it


 

L’art. 1, comma 5-septies, D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito “T.U.F.”) definisce il servizio di consulenza in materia di investimenti, coperto da riserva di autorizzazione di CONSOB, come “la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative a strumenti finanziari”. Data questa generale definizione, va precisato che non ogni informazione relativa a strumenti finanziari che sia fornita da un operatore al cliente è idonea ad assurgere a raccomandazione finanziaria. Di qui, la distinzione, individuata dalla Committee of European Securities Regulators (CESR) tra raccomandazioni – vietate ai soggetti non autorizzati da CONSOB – e semplici informazioni – consentite a chiunque –.

In generale, si può dire che la raccomandazione è caratterizzata dall’apporto di una valutazione o opinione da parte dell’advisor, mentre l’informazione implica solo una rappresentazione di dati o fatti oggettivi. In altre parole, non è raccomandazione il dare semplici informazioni oggettive senza fare alcun commento o giudizio sulla loro rilevanza in relazione alle decisioni d’investimento (o disinvestimento) che l’investitore potrebbe assumere. Costituiscono semplice informazione, ad esempio: il valore di quotazione delle azioni e il loro prezzo unitario; news e annunci provenienti da società quotate; l’illustrazione dei termini e condizioni di investimento; un’oggettiva comparazione tra benefits and risks di un investimento rispetto ad un altro; informazioni sulle performance di particolari tipologie di investimenti; avvisi circa il realizzarsi di determinati eventi (ad esempio, determinate azioni che raggiungono un determinato prezzo).

Non di meno, la mera informazione può assurgere a servizio di consulenza ove le circostanze in cui tale informazione è resa la facciano apparire quale raccomandazione. Invero, se pure un operatore non voglia fornire raccomandazioni, può accadere che ciò si verifichi ugualmente se l’informazione resa sia tale da condurre il suo destinatario ad un particolare strumento finanziario rispetto ad altri disponibili. Ciò avverrà, ad esempio, qualora si ponga particolare enfasi – non solo descrittiva, ma anche visiva mediante l’uso del “grassetto” o “sottolineato” – sui vantaggi che un dato strumento offre rispetto ad altri per quel cliente, in modo da influenzare la decisione di quest’ultimo, anziché semplicemente assisterlo nel processo decisionale.

Da ultimo non dev’essere trascurata la valutazione dell’intero processo in cui la comunicazione si inserisce: fornire (in astratto) mere informazioni può integrare una raccomandazione coperta da riserva alla luce della valutazione del complessivo rapporto tra operatore e cliente, il c.d. multiple step recommendation process. Ad esempio, ove un operatore, sulla base di una propria precedente raccomandazione di comprare o vendere determinate azioni ad uno specifico prezzo, si offrisse di avvisare il cliente quando quelle determinate azioni raggiungano quel determinato prezzo, l’avviso circa il raggiungimento di tale valore – che, in thesi, considerato in modo isolato senza la presenza di una precedente raccomandazione, potrebbe ricondursi ad una mera informazione – integrerebbe una raccomandazione finanziaria, proprio alla luce del multiple step recommendation process.


 

 


 

Riferimenti normativi: art. 1, comma 5-septies T.U.F.; art. 18 T.U.F.

Keywords: consulenza finanziaria; raccomandazione; informazione; attività riservata



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