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L'indipendenza degli amministratori indipendenti di banca



L’amministratore indipendente di banca deve garantire un tipo di indipendenza “rafforzata” rispetto a quella degli altri amministratori, che deve invece considerarsi quale mera “indipendenza di giudizio”. Tuttavia, i profili che caratterizzano tale caratteristica non sono indicati dal D.M. 18 marzo 1998, n. 161, attuativo dell’art. 26, terzo comma, T.U.B.

Una prima definizione di amministratore indipendente si rinviene negli Orientamenti EBA del 21 marzo 2018 sull’idoneità dei membri dell’organo di gestione: è indipendente quell’amministratore che “non vanta relazioni o legami […] passibili di influenzare il giudizio oggettivo ed equilibrato del membro e di ridurne l’abilità di adottare decisioni in maniera indipendente […]”.

In attesa del nuovo D.M. (la cui consultazione pubblica si è chiusa il 22 settembre 2017 e che, in sostanza, replicherà i requisiti di indipendenza di cui al codice di autodisciplina delle S.p.A. quotate) e in assenza di previsioni specifiche nel vecchio D.M., è opportuno distinguere tra amministratori indipendenti di banche quotate e di banche non quotate. Per quanto riguarda le banche non quotate, mancano previsioni specifiche sul punto: ai sensi dell’art. art. 2387 lo statuto della singola società può prevedere requisiti speciali di indipendenza. Con riferimento, invece, alle banche quotate i requisiti di indipendenza sono quelli previsti dall’art. 148 T.U.F., per cui non possono essere amministratori indipendenti: a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 2382 c.c.; b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo; c) coloro che sono legati alla società od alle società da questa controllate od alle società che la controllano od a quelle sottoposte a comune controllo ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b) da rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne compromettano l’indipendenza; d) coloro che possiedano i requisiti indicati nell’elenco (non chiuso) di cui all’art. 3 del codice di autodisciplina delle S.p.A. quotate.

Si ricorda infine che l’art. 36 del D.L. n. 201/2011, convertito dalla L. n. 214/2011, ha introdotto il c.d. “divieto di interlocking” per cui ora non è possibile essere membri di consiglio di amministrazioni di banche diverse e tra loro concorrenti.

Dott. Michele Greggio

Informazioni, richieste e commenti a michele.greggio@studiodepoli.it



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