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Accesso agli atti di Banca d’Italia e limiti al segreto professionale opponibile ex art. 53 della direttiva 2013/36/UE



Con le conclusioni del 12 giugno 2018, l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto applicabile l’art. 53, comma 1, della Direttiva 2013/36/UE, in materia di segreto professionale, alla richiesta di accesso agli atti presentata a Banca d’Italia e preordinata all’esercizio di un’azione di risarcimento del danno nei confronti della stessa da parte di un ex correntista di banca in liquidazione. In particolare, è stata data un’interpretazione estensiva della locuzione normativa “nell’ambito di procedimenti civili o commerciali”: l’Avvocato Generale ha ritenuto che, nel caso in cui un ente creditizio sia dichiarato fallito o soggetto a liquidazione coatta, le informazioni riservate che non riguardino i terzi coinvolti in tentativi di salvataggio possano essere comunicate prima dell’instaurazione del giudizio. Con ciò si sono prese le distanze da precedenti interpretazioni di norme analoghe (caso Altmann), sottolineandosi l’illogicità di un’interpretazione restrittiva della locuzione in esame, intesa come “procedimenti già pendenti”, che porterebbe alla necessità di proporre ricorso giurisdizionale al fine di accertare la ragionevolezza del ricorso stesso. Secondo l’Avvocato Generale, l’interpretazione estensiva non solo garantisce un limite alla divulgazione delle informazioni – potendo essere comunque consentito l’accesso solo a persone che, prima facie, possano ritenersi direttamente danneggiate dal fallimento o dalla liquidazione, quali investitori, clienti o dipendenti -, ma consente alle Autorità di Vigilanza di mantenere il controllo su tale disclosure, salvo l’eventuale vaglio del giudice amministrativo. Inoltre, l’interpretazione proposta soddisferebbe una corretta ponderazione tra l’interesse alla tutela del segreto professionale e delle informazioni riservate – destinato a scemare parzialmente una volta che l’ente creditizio sia “dichiarato fallito o soggetto a liquidazione coatta amministrativa” -, gli interessi privati di chi è stato leso dalla liquidazione dell’ente e l’interesse pubblico ad accertare se la liquidazione non possa ritenersi imputabile, almeno in parte, all’Autorità di Vigilanza.

 

Dott. Michele Greggio

 

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