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02 Novembre 2020

Autore
MATTEO DE POLI

Attività
Diritto societario e M&A

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Conflitto tra soci e poteri del presidente dell'Assemblea



L'abstract e le slides ad esso allegate offrono una sintesi delle riflessioni svolte durante il seminario “Conflitto tra soci e poteri del Presidente dell’Assemblea”, tenuto lo scorso 30 ottobre nell’ambito dell’iniziativa “Cinque Casi di Diritto Societario”. La registrazione del seminario è disponibile al seguente link.

Prof. Avv. Matteo De Poli

direzione@studiodepoli.it

www.studiodepoli.eu

 

In occasione dell’ultimo dei cinque seminari tenuti nell’ambito dell’iniziativa “Cinque Casi di Diritto Societario”, ci si è interrogati su come un socio di S.r.l. possa muoversi di fronte alla convocazione di una Assemblea “scomoda”, intendendosi per tale una Assemblea il cui esito, dato pressoché per certo, possa potenzialmente ledere i suoi interessi[1].

Una Assemblea “scomoda” può essere paragonata ad una partita di calcio tra squadre fortemente squilibrate (senza offesa alcuna, tra Argentina ed Islanda ad esempio): così come l’allenatore dell’Islanda dovrà elaborare dei moduli di attacco e di difesa particolarmente sofisticati per vincere la partita o, almeno, portare la sua squadra ai rigori, allo stesso modo il legale del socio convocato all’Assemblea “scomoda” dovrà esplorare e, nel caso, porre in essere ogni soluzione  giudiziale e stragiudiziale possibile per tutelare al meglio gli interessi del proprio assistito.

Guardando a quali rimedi possano essere esperiti già a partire dalla convocazione dell’Assemblea, giova fare una premessa, ovvia ma di estremo rilievo nella tattica societaria: il socio, ricevuto l’avviso di convocazione dell’Assemblea “scomoda”, vorrà evitare che la stessa sia celebrata. 

Seguendo i più recenti orientamenti della giurisprudenza di merito, in alcuni casi, può essere possibile inibire la celebrazione di un’Assemblea, proponendo ricorso ex art. 700 c.p.c.[2]. Trattasi di ipotesi in cui l’Assemblea è stata convocata in violazione di legge o dello Statuto e la sua celebrazione mette a rischio gli interessi del socio: si pensi ad un’Assemblea convocata da chi non sia legittimato a farlo[3] o, ancora, ad un’Assemblea convocata fuori dai termini di legge o da quelli previsti dallo Statuto[4].

In quest’ultimo caso, l’esperimento di una azione inibitoria potrebbe risultare compromesso a causa del poco tempo utile alla sua proposizione. Ciò premesso, nel caso in cui non sia materialmente possibile proporre l’inibitoria o, comunque, la stessa non abbia successo, il socio potrà optare per (a) disertare l’Assemblea, comportamento che gli consente un’adeguata riflessione sulle manovre da mettere in campo, oppure (b) parteciparvi ed opporsi alla trattazione dell’argomento “scomodo”, dichiarandosi non sufficientemente informato a riguardo a causa del poco tempo a disposizione.

Il socio potrà opporsi alla trattazione dell’argomento “scomodo” anche nel caso in cui lo stesso sia introdotto nella discussione assembleare, nonostante non sia stato indicato all’ordine del giorno riportato nell’avviso di convocazione o, comunque, non sia stato indicato con sufficiente chiarezza[5].

L’opposizione del socio potrebbe fruttuosamente portare ad un rinvio dell’Assemblea, guadagnando così del tempo utile ad addivenire ad una soluzione “negoziata”, alternativa all’Assemblea scomoda. 

Tuttavia, posto che il socio di S.r.l. non ha un diritto ad ottenere un rinvio dell’Assemblea[6], potrebbe accadere che la delibera sull’argomento controverso sia comunque adottata. In tal caso, il socio assente o che abbia contestato la trattazione potrà chiederne l’annullamento ai sensi dell’art. 2479-ter, co. 1, c.c.lamentando che essa sia stata adottata da una Assemblea convocata da un soggetto non legittimato o fuori termine o che la delibera de quo non fosse indicata all’ordine del giorno nell’avviso di convocazione, e, quindi, non conformemente a quanto previsto dalla legge o dallo Statuto. Non solo, il socio potrà anche chiedere la sospensione dell’efficacia della delibera ai sensi dell’art. art. 2378, co. 3, c.c. (qui applicabile in quanto richiamato dall’art. 2479-ter, co. 4, c.c.).

Pare comunque opportuno sottolineare che la strategia appena esposta, purtroppo, trova un limite in quanto previsto dall’art. 2377, co. 8, c.c. (qui applicabile in quanto richiamato dall’art. 2479-ter, co. 4, c.c.): infatti, l’azione di annullamento  potrebbe non avere successo nel caso in cui, nelle more del giudizio, sia adottata una nuova delibera, avente il medesimo oggetto “scomodo”, da un’Assemblea convocata in conformità di quanto previsto dalla legge e dallo Statuto[7]. Ciò premesso, pertanto, il socio dovrà cercare di addivenire ad una soluzione negoziale alternativa alla delibera “scomoda” nelle more del giudizio di annullamento, prima  che sia adottata una nuova delibera “sanante”.

Per completezza, occorre esaminare una ulteriore ipotesi, piuttosto frequente nell’esperienza societaria, data dal caso in cui il socio non sia a conoscenza della convocazione dell’Assemblea “scomoda”(ad esempio, perché l’avviso non gli è stato spedito o perché lo ha ricevuto successivamente alla celebrazione dell’Assemblea stessa).

In quest’ultima ipotesi, non avendo contezza della convocazione, ovviamente, l’inibitoria ex art. 700 c.p.c. non potrà essere esperita. Il socio, tuttavia, venuto a conoscenza della delibera eventualmente presa dall’Assemblea de quo, potrà chiedere che ne sia accertata l’invalidità lamentando un’“assenza assoluta di informazione”, ai sensi dell’art. 2479-ter, co. 3, c.c., unitamente alla  sospensione dell’efficacia della stessa ai sensi dell’art. art. 2378, co. 3, c.c. Anche in tal caso, comunque, sussiste il limite rappresentato dall’assunzione di una nuova delibera “sanante” ai sensi dell’art. 2377, co. 8, c.c.

A conclusione di questa breve analisi sulle tattiche utili ad affrontare una Assemblea scomoda, un ruolo chiave nella partita tra i soci è svolto dal Presidente dell’Assemblea; incarico, questo, generalmente attribuito dallo Statuto all’amministratore unico o al Presidente del Consiglio di Amministrazione[8]. Come si dirà a breve, il socio che riveste anche il ruolo di amministratore unico o di Presidente del C.d.A. e, di conseguenza, di Presidente dell’Assemblea, regola e disciplina lo svolgimento dell’Assemblea, anche di quella “scomoda”, sicché è naturale guardare ai margini – ed ai limiti – del suo ruolo.

Il Presidente dell’Assemblea, infatti, è il «titolare della funzione di governo del procedimento assembleare»[9], cosicché egli potrà disporre il rinvio dell’Assemblea ove la stessa sia convocata fuori termine, potrà impedire la trattazione degli argomenti non inclusi all’ordine del giorno e chiudere l’Assemblea senza disporre la votazione, etc. [10].

Pertanto, se, da un lato, il semplice socio può solo opporsi alla trattazione dell’argomento “scomodo” nel caso in cui l’Assemblea sia stata convocata fuori termine o l’argomento de quo non sia stato incluso o rappresentato con sufficiente chiarezza all’ordine del giorno riportato nell’avviso di convocazione; dall’altro, il socio che ricopra anche la carica di Presidente dell’Assemblea potrà validamente impedirne la trattazione. Potrà validamente impedirne la trattazione, si diceva, ma entro certi limiti: infatti, il Presidente dovrà esercitare i propri poteri secondo i principi di correttezza e ragionevolezza, sicché, laddove ne abusi, si potrà esporre a responsabilità risarcitoria verso la società o i soci eventualmente pregiudicati, nonché alla revoca dalla carica[11].

In conclusione, le strategie esperibili per affrontare una Assemblea “scomoda” sono molte e variano a seconda del caso concreto, ossia, a seconda dei vizi che eventualmente inficiano la convocazione della stessa o le delibere ivi adottate, e a seconda delle cariche sociali – in particolare, di amministratore e Presidente dell’Assemblea – ricoperte dal socio.

Elemento comune alle diverse soluzioni finora esaminate è il “tatticismo” richiesto al socio – e al suo legale – che voglia evitare o, quanto meno, ritardare il più possibile l’adozione della delibera “scomoda”.

 

[1] Nel corso del seminario è stato proposto il seguente caso, piuttosto frequente nell’esperienza societaria, a titolo di esempio di quale possa essere una Assemblea “scomoda”:  chi era già socio unico di una S.r.l. da lui fondata dona al nipote una quota del 33% e nomina quest’ultimo amministratore unico a tempo indeterminato. Dopo qualche anno, a causa di una divergenza di vedute sul futuro della società, il socio di maggioranza, desiderando prendere in mano la gestione, chiede al nipote - socio di minoranza - amministratore unico di convocare un’Assemblea per revocare quest’ultimo dalla carica e nominare sé stesso; Assemblea, questa, certamente “scomoda” per quanto attiene agli interessi del socio di minoranza.

[2] Orientamento consolidatosi presso il Tribunale di Venezia (in tal senso, Trib. Venezia, sez. spec. imp., 30 ottobre 2020; Trib. Venezia, sez. spec. imp., 27 ottobre 2020; Trib. Venezia, sez. spec. imp., 11 maggio 2019; Trib. Venezia, sez. spec. imp., 12 aprile 2019; Trib. Venezia, sez. spec. imp., 26 marzo 2019, tutte ined.); ma si v. anche, ex multis, già Trib. Verona, sez. IV, 27 gennaio 2012; e Trib. Mantova, 20 dicembre 2007, entrambe in De Jure.

[3] Si pensi al caso di un’Assemblea convocata direttamente da un socio di S.r.l. che detenga il 40% del capitale sociale, al quale lo Statuto non attribuisca tale potere e che neppure abbia formulato agli amministratori una previa richiesta di convocazione. Come è noto, infatti, ai sensi degli artt. 2479, co. 1, e 2479-bis, co. 1, c.c., l’Assemblea di S.r.l. può essere convocata dai soggetti indicati dall’atto costituivo o da uno o più amministratori. Non solo, l’Assemblea può essere convocata direttamente da tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale purché, come ribadito da giurisprudenza costante (si v., ex multis, Trib. Ancona, sez. spec. imp., 14 gennaio 2019, n. 70, in De Jure), gli amministratori rimangano ingiustificatamente inerti rispetto ad una previa richiesta di convocazione. Per completezza, poi, pare opportuno precisare che, «Una volta che i soci di società a responsabilità limitata rappresentanti un terzo del capitale sociale abbiano, a seguito del comportamento omissivo dell’amministratore, convocato l’assemblea, l’amministratore non può revocare la convocazione medesima o indire, in contrasto con quella convocata dai soci, una diversa assemblea» (così, con enfasi aggiunta, Trib. Roma, sez. spec. imp., 3 novembre 2017, in De Jure).

[4] Ai sensi dell’art. 2479-bis, co. 1, c.c., è l’atto costitutivo della S.r.l. a determinare le modalità di convocazione, purché esse siano «tali comunque da assicurare la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare». In mancanza di una previsione statutaria, l’avviso di convocazione dovrà essere spedito «mediante lettera raccomandata [o pec, essendo questa equiparata alla raccomandata, come ribadito da Trib. Roma, sez. III, 31 luglio 2015, n. 16929, in De Jure] spedita ai soci almeno otto giorni prima dell’adunanza nel domicilio risultante dal registro delle imprese». Giova precisare che l’Assemblea è validamente convocata e costituita, a meno che lo Statuto non disponga diversamente, ogni qual volta i relativi avvisi di convocazione siano stati spediti ai soci nei termini di legge o statutari. Ad ogni modo, «tale presunzione può essere vinta nel caso in cui il destinatario dimostri che, per causa a lui non imputabile, egli non abbia affatto ricevuto l’avviso di convocazione o lo abbia ricevuto così tardi da non consentirgli di prendere parte all’adunanza, in base a circostanze di fatto il cui accertamento e la cui valutazione in concreto sono riservati alla cognizione del giudice di merito» (così Cass. civ., sez. un., 14 ottobre 2013, n. 23218, in Diritto Bancario – Giurisprudenza).

[5] L’avviso di convocazione infatti «ha la duplice funzione di rendere edotti i soci circa gli argomenti sui quali essi dovranno deliberare, per consentire la loro partecipazione all’assemblea con la necessaria preparazione ed informazione, e di evitare che sia sorpresa la buona fede degli assenti a seguito di deliberazione su materie non incluse nell’ordine del giorno» (così Cass. civ., sez I, 27 giugno 2006, n. 14814, in De Jure). A tal fine, le materie da trattare dovranno essere indicate «in maniera chiara e non generica, ancorché sintetica» (in tal senso, già Cass. civ., sez. I, 27 aprile 1990, n. 3535, in De Jure).

Non è infrequente l’ipotesi in cui la voce “varie ed eventuali” sia abusivamente utilizzata per introdurre nella discussione assembleare argomenti “caldi”, senza darne una previa espressa menzione all’ordine del giorno di cui all’avviso di convocazione, e deliberare sugli stessi. A riguardo, pare condivisibile quanto affermato da Trib. Roma, sez. spec., 4 aprile 2017, n. 6673: «Tale voce […] non può comprendere qualsivoglia argomento non indicato nell’ordine del giorno, pena la vanificazione dello stesso e della sua tipica funzione informativa e preparatoria dei soci. Deve, invece, ritenersi che tale voce sia limitata a mere comunicazioni o prospettazione di problemi da istruire, ma non possa comprendere argomenti nuovi, su cui l’assemblea sia chiamata a deliberare».

[6] Nelle S.r.l., diversamente dalla disciplina in materia di S.p.A. (cfr. art. 2374 c.c.), non sussiste un diritto del socio ad ottenere il rinvio dell’Assemblea. Sul punto, si v. Trib. Milano, sez. spec. imp., 22 dicembre 2015, n. 3420, in De Jure.

[7] Infatti, ai sensi dell’art. 2377, co. 8, c.c., «L’annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto».

[8] Ai sensi dell’art. 2479-bis, co. 4, c.c., il Presidente dell’Assemblea è indicato dall’atto costitutivo o, in assenza di indicazioni, è designato dagli intervenuti in Assemblea. 

[9] Così Trib. Venezia, sez. spec. imp., 8 febbraio 2019, ined. 

[10] Tornando all’esempio iniziale (si v. supra nt. 1) viene da chiedersi se sia ravvisabile un conflitto di interessi in capo al socio di maggioranza che voglia revocare il socio di minoranza dalla carica di amministratore unico e nominare sé stesso, e se il Presidente dell’Assemblea possa escluderlo dalla votazione sulla base dell’asserito conflitto di interessi. La risposta ad entrambi gli interrogativi è negativa. Infatti, riprendendo quanto affermato da Trib. Roma, sez. III, 21 luglio 2016, n. 15923, in De Jure, «In tema di conflitto di interessi in relazione alla nomina di un amministratore, non costituisce di per sé vizio invalidante la partecipazione alla votazione da parte del socio poi nominato amministratore. Per configurare un conflitto di interesse o un abuso di potere è necessario dimostrare che sia stato perseguito un interesse extrasociale in contrasto con quelli della società, non potendo ravvisare tale interesse nel mero desiderio personale [ad assumere detto] incarico». Quand’anche sussistesse un conflitto di interessi in capo al socio, comunque, il Presidente dell’Assemblea non ha il potere di escluderlo dal voto; a ciò si aggiunga che il Presidente dell’Assemblea di S.r.l., contrariamente a quanto previsto in tema di S.p.A. (cfr. art. 2373, co. 2, c.c.), non dispone di detto potere neppure nei confronti del socio - amministratore chiamato a votare sull’azione di responsabilità proposta nei suoi confronti (così Trib. Palermo, 4 maggio 2018, ined.).

[11] In tal senso sempre Trib. Venezia, sez. spec. imp., 8 febbraio 2019, ined.



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