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16 Luglio 2019

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Sull’utilizzo del titolo di un’opera dell’ingegno per un’opera diversa



Nell’ambito della tutela del diritto d’autore, ci è stato chiesto se il titolo di una canzone possa essere utilizzato anche come titolo di un’opera letteraria da parte di soggetto terzo rispetto all’autore dell’opera musicale.

Sul punto rileva anzitutto l’art. 100 della L. 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul diritto d’autore), ai sensi del quale: “Il titolo dell’opera, quando individui l’opera stessa, non può essere riprodotto sopra altra opera senza il consenso dell’autore. Il divieto non si estende ad opere che siano di specie o carattere così diverso da risultare esclusa ogni possibilità di confusione”.

Alla luce della norma, la riproduzione del titolo di un’opera diversa risulta limitata per l’attitudine dello stesso ad individuare l’opera originaria cui fa riferimento. Se ciò è vero, si deve sottolineare che, per giurisprudenza consolidata, il titolo dell’opera non è considerato esso stesso quale opera dell’ingegno, ma come mero accessorio; di conseguenza, mentre l’art. 100 tutela l’opera dell’ingegno in senso stretto, per quanto riguarda il solo titolo “è irrilevante il gradiente di creatività che può presentare, dovendo, piuttosto, applicarsi i principi che regolano la materia dei segni distintivi” (C. App. Milano, 11 gennaio 2011, n. 12 e Trib. Milano, 10 marzo 2005).

I segni distintivi sono tutelati dall’art. 22 del D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale), ai sensi del quale è vietato adottare segni distintivi simili ad altri se ciò può determinare confusione tra il pubblico, causando un’associazione tra gli stessi. Non solo. Il divieto si estende anche quando il segno, pur essendo utilizzato per prodotti non affini, gode nello Stato di “rinomanza” tale da determinare un indebito vantaggio in favore del secondo utilizzatore del segno. Si tratta, in sostanza, del fenomeno del c.d. “parassitismo” (ex multis Cassazione, 17 ottobre 2018, n. 26001), che sussiste quando il secondo utilizzatore del segno sfrutta la notorietà già acquisita dallo stesso, senza operare sforzi per accrescere detta notorietà. In ogni caso, affinché si possa parlare di “parassitismo” è necessaria la prova della rinomanza del segno distintivo, valutando il giudice sulla base di tre criteri, ossia: i) la quota di mercato coperta dal segno distintivo; ii) l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso; iii) l’entità degli investimenti realizzati per promuoverlo.

Applicandosi i suddetti principi anche ai titoli delle opere dell’ingegno, può quindi concludersi che, nel caso di titolo di canzone applicato ad un libro, la diversità tra le opere esclude l’applicabilità del menzionato divieto, salvo che il titolo dell’opera musicale goda di rinomanza tale da ricondurre, nell’immaginario del pubblico, l’opera letteraria alla prima: in questo caso si configurerebbe un’illegittima ipotesi di “parassitismo”.

Dott.ssa Francesca Bonomo

Dott. Michele Greggio

Informazioni, richieste e commenti a francesca.bonomo@studiodepoli.it; michele.greggio@studiodepoli.it

 


 

Riferimenti normativi: Legge 22 aprile 1941, n. 633; Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

Keywords: diritto d’autore; titolo opera; proprietà industriale; segno distintivo; parassitismo.



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